Digressione sui percorsi marziali

Per l'occidentale medio le arti marziali (partendo dalla tecnica ed alla tecnica terminando) assomigliano a quelle arti che in Giappone prendono il suffisso di jitsu (arte, appunto); lo scopo è solamente quello di apprendere un metodo per essere più efficaci nel combattimento, ed anche nel paese del Sol Levante fino a tutto il periodo Sengoku, anche la disciplina del buddhismo zen serviva solo allo stesso scopo.

In Giappone, sia durante la lunga pace del periodo chiamato Tokugawa, le koryu (scuole antiche), ma soprattutto oggi nel "gendai budo" (le scuole e le federazioni nate nel ventesimo secolo) hanno dovuto trovare un percorso adatto per convogliare lo spirito bellico ed aggressivo verso una via di miglioramento personale.

Per prima cosa non bisogna insegnare ad un allievo appena entrato nella scuola le tecniche più efficaci e letali: c'è il serio rischio che se ne serva in modo improprio, difatti, anche alla scuola guida, prima di insegnare ad usare l'acceleratore è necessario imparare ad usare il freno; nel judo si imparano prima le cadute e nel kyusho si comincia con la rianimazione.

L'uso improprio di tecniche anche letali in tutte le arti marziali ha molte sfaccettature; queste vanno dalla prova verso ignare persone incontrate casualmente, giusto per "vedere se funzionano", oppure nel confronto e nella sfida con altri allievi della stessa scuola, quando non addirittura verso lo stesso Maestro.

Nello Iaidô della scuola Muso Shinden c'erano e ci sono tuttora tre livelli, chiamati Shoden, Chuden ed Okuden.

La prima serie, o "primo livello" (Shoden, appunto), chiamato scuola Omori era considerata introduttiva,potremmo considerarla una sorta di esercizi di base, e se qualcuno avesse abbandonato la scuola dopo averla imparata, dell'uso reale della spada ne avrebbe saputo ben poco.

La serie intermedia (Chuden significa "livello di mezzo") attribuita a Hasegawa Eishin, è composta da difficili esercizi, poco applicabili nella realtà di un combattimento, ma che permettevano al praticante di potenziare la muscolatura e l'agilità delle gambe, nonché una notevole coordinazione generale.

L'ultima serie, il "livello nascosto", suddiviso in due parti (in ginocchio ed in piedi), veniva ad essere insegnato solo dopo diversi anni di appartenenza alla scuola e solo quando il Maestro giudicava l'allievo pronto, sia dal punto di vista tecnico che psicologico (in altre parole "degno") di ricevere l'insegnamento; questa era ed è la reale scuola, quella "vera", che praticata e studiata con attenzione permetteva al praticante di conoscere l'autentico ed efficace uso della spada, ma a questo punto, dopo tanto tempo, l'allievo aveva dimostrato di aver "ucciso il suo ego", di essere quindi in possesso del freno e non c'era più il rischio di dare la bacchetta magica in mano ad un nuovo apprendista stregone.

Come sempre, un grande potere (in questo caso distruttivo) porta ad altrettanto grandi responsabilità.

Anche se oggi giorno, nel mondo contemporaneo non si circola più con la spada al fianco, il meccanismo è tutt'ora uno dei migliori possibili per far si che l'arrogante, rinunciando spontaneamente al suo ego, acquieti il suo insano modo di proporsi e che l'incosciente prenda coscienza di se stesso, del suo corpo e della sua energia: in sintesi che ognuno migliori se stesso.


Contemporaneamente a questo percorso psicologico e "spirituale" ve n'è un altro chiamato Shu Ha Ri, si tratta anch'esso di un percorso di evoluzione ma visto da un diverso punto di vista, quello più strettamente tecnico.

Shu significa mantenere, conservare; si tratta del periodo nel quale un praticante ripete acriticamente le proposte del Maestro; è lui a decidere che cosa l'allievo debba imparare trasmettendogli il bagaglio della sua scuola.

Ha significa letteralmente rompere, infrangere, in questo caso assume l'accezione di "adattare a se stessi"; per migliorare tecnicamente (ma non solo) la propria pratica è necessario rivedere il nostro bagaglio; se abbiamo una struttura longilinea, atletica o brevilinea, oppure se nel combattimento siamo caratterialmente irruenti o attendisti dobbiamo valutare, studiare e verificare quali tecniche sono più adatte alle nostre caratteristiche e quali prediligere; se siamo alti o piccoli, con le braccia lunghe e le gambe corte (o viceversa) come le possiamo modificare per poter "crescere" ancora.

Ri (rilasciare, separare) è l'ultima fase nella quale, dopo aver completato l'importante ricerca del periodo precedente, il praticante, divenuto maestro di se stesso può staccarsi dagli insegnamenti del proprio Maestro e dalla sua scuola creando, generando un proprio ramo, una nuova idea.

In molte Arti Marziali moderne questo percorso si esprime attraverso un percorso più articolato che è quello dei gradi  (o Dan) ma per ognuna vi sono rapporti diversi di valutazione: nel kyudô (data l'essenzialità del gesto tecnico) la prima fase si completa appena con il quarto dan e la terza è rarissima; nello iaido (che prevede una variabilità superiore del gesto) la seconda fase va dal sesto all'ottavo dan; per altre ari marziali, come per esempio l'aikido e tutte quelle che posseggono un diverso e più completo uso del corpo ed un parco tecniche molto più vasto (tendente forse all'infinito) più che di livelli riconosciuti si dovrebbe parlare di periodo di studio, ma questo, a detta di molti esperti, non può essere inferiore a 15 o 20 anni di "lavoro" pressoché quotidiano, almeno nelle Arti Marziali di origine giapponese.

Anche nel percorso del metodo Gorin ci sono diverse fasi; se noi ruotiamo il suo simbolo di 1/5 di giro verso sinistra otteniamo questa immagine:

In questo modo vediamo che l'elemento Terra si trova all'apice: dall'elemento Legno (in basso a sinistra) dobbiamo raggiungerlo "apportando materiale" come se dovessimo costruire, ergere una collina artificiale, quindi apprendere costruttivamente.
Il prossimo elemento si trova più in basso, difatti come l'Acqua si "lascia andare" verso il basso così dobbiamo imparare a lasciarci andare, dobbiamo imparare togliere quello che ci ostacola per "lasciar fluire" le nostre tecniche ed il nostro avversario.
Come il calore del Fuoco sale, così dobbiamo riprendere la strada in salita, la "costruzione di noi stessi" e dell'efficacia delle tecniche, poi la stasi veso l'Aria ed infine la "grande discesa libera finale" per ritornare all'inconsapevolezza del Legno.


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