Storicamente, sono stati ideati tre metodi (shiki) di traslitterazione della lingua giapponese in caratteri latini:
Quella che segue è una tabella semplificata comparativa fra i tre sistemi
Nippon | ou | tya | ti | tyu | tyo | hu | dya | di | dyu | dyo | sya | si | syu | syo | tu |
Kunrei | ô | tya | ti | tyu | tyo | hu | zya | zi | zyu | zyo | sya | si | syu | tyo | su |
Hepburn | o | cha | chi | chu | cho | fu | ja | ji | ju | jo | sha | shi | shu | sho | tsu |
Il primo è quello ideato ed utilizzato dagli stessi giapponesi perché meglio si adatta al loro "orecchio", quello Kunrei (simile al primo) è praticamente in disuso, mentre quello Hepburn è quello più utilizzato in tutti i paesi anglosassoni (la maggior parte delle pubblicazioni raggiungibili e "leggibili" da noi) ed anche in Italia.
James Curtis Hepburn nacque nel 1815 a Milton (Pensylvania, USA); laureato in fisica al College of New Jersey (oggi Princton University) nel 1832 ed in medicina nel 1836, fu missionario medico presbiteriano a Singapore dal 1841 al 1845; ritornò a New York dove praticò medicina sino al 1859 quando partì, ancora come missionario, alla volta del Giappone.
Operò in un dispensario a Kanagawa (oggi parte di Yokohama) insegnando medicina occidentale; fu uno dei fondatori dell'Università Meiji Gakuin dove fu il primo presidente; compilò nel 1867 un dizionario giapponese-inglese (Waei Gorin Shusei) ed il sistema che egli usò nella sua terza edizione è quello che tutt'oggi porta il suo nome; egli ebbe anche un importante ruolo nella traduzione in giapponese della Bibbia prima di ritornare negli USA nel 1892 dove morì nel 1911.
Il sistema di traslitterazione in Rômaji (lett. caratteri di Roma) della lingua giapponese che egli creò fu di trascrivere i suoni uditi (quindi secondo un orecchio occidentale) utilizzando le consonanti canoniche della lingua inglese e le vocali di quella latina; quest'ultime sono ovviamente identiche a quelle della lingua italiana.
CH | C dolce | come in Cielo |
F | F (quasi H) | soffiando tra le labbra (bilabiale) |
G | G dura | come in Gatto |
H | H aspirata | come in inglese |
J | G dolce | come in Giuggiola |
K | C dura | come in Cocco |
S | S dura | come in Sasso |
SH | SC dolce | come in Scimmia |
TS | Z dura | come in Mazzo |
TC | C doppia | solo in parole composte o di origine straniera |
Y | I | consonantica |
W | fra U ed V | consonantica (variazioni dialettali) |
Z | S dolce | come in Quasi |
Tutte le altre lettere si pronunciano come in Italiano.
Vorrei far notare la pronuncia delle lettere G e Z perché sono quelle che sbagliamo più frequentemente, ed inoltre la lettera H non è assolutamente muta ma aspirata e deve essere fatta sentire; attenzione che se non le pronunciamo correttamente rischiamo di non farci capire dai giapponesi.
Le lettere F, Z e TS hanno una pronuncia leggermente differente dalle nostre F, S dura e Z sonora, ma usando queste ultime siamo in grado di farci capire ugualmente.
La corretta interpretazione e pronuncia della W è quella più difficile perché (oltre ad esserci forti variazioni dialettali) viene pronunciata talvolta V, specialmente quando è iniziale, ed altre come una U molto breve; bisogna quindi prendere conoscenza diretta del suo uso.
Vediamo ancora qualche altra regoletta, ancora meno semplice.
YE si legge E (Yen = En, la moneta giapponese); solo nella Tôkyô occidentalizzata si pronuncia come noi usiamo farlo; KWA e GWA si leggono KA e GA; si tratta di vecchie grafie, non più in uso con il sistema "Hepburn modificato", né nella lingua parlata corrente.
La lettera N è l'unica consonante che si possa trovare alla fine di una sillaba, ma quando questa è seguita da una M, una H, una P o una B, viene generalmente letta M per "eufonia"; ad esempio il periodo storico Nanbokuchô si legge Nambokuchô. Taluni autori ritengono sia corretto mantenere la lettera N anche se non viene pronunciata allo stesso modo, altri, specialmente nel mondo anglosassone, preferiscono trascriverla direttamente con la M.
Sulle vocali U, O e più raramente sulla A possiamo trovare una riga orizzontale che indica la pronuncia lunga della vocale stessa; per semplicità tipografica viene utilizzato talvolta (così come abbiamo fatto anche in questo sito) l'accento circonflesso (usato invece nel sistema Kunrei), esattamente come in francese o nelle lingue ladine, dove ha lo stesso significato; la differenza fra una vocale lunga ed una breve è molto importante; ad esempio môshi significa "parlare" mentre moshi è il se congiunzione, kûki significa atmosfera mentre kuki significa stelo.
Il dittongo (coppia di vocali) EI si legge generalmente E lunga; per esempio la parola Sensei (maestro, insegnante, professore) si pronuncia Sensee, ma questa non è una regola "ferrea", le eccezioni sono molte, così come per l'altro dittongo II che può rappresentare la pronuncia "lunga" della lettera I; ovviamente la sola conoscenza diretta del lemma potrà risolvere univocamente la corretta pronuncia.
La lettera U (soprattutto nelle sillabe TSU, SU e ZU) è generalmente muta, specialmente se si trovano a fine parola, come nei verbi ausiliari Masu (avere) e Desu (essere); altre volte è semimuta.
La lettera I nella sillaba SHI, è semimuta (Domani = Ashita si pronuncia Ash'tà).
Per riuscire a distinguere le sillabe componenti certe parole, viene talvolta utilizzato un apostrofo che non va assolutamente confuso con un accento: la parola Sanyo potrebbe essere composta dalle sillabe San e da Yo oppure da Sa e da Nyo; il sistema "Hepburn modificato" prevede che, qualora serva specificarlo, lo si scriva, per esempio, così: San'yo.